Da quando il Governo Meloni si è insediato nella "stanza dei bottoni", la classe politica e giornalistica della Destra ha avviato un massiccio processo di revisione storico e culturale, sia sul piano dell'interpretazione dei fatti che su quello del linguaggio.
Uno dei segni più evidenti di questo processo involutivo è legato all'uso di termini che sembravano appartenere ad un filone politico collocato al di fuori dal tempo, retaggio di un'epoca segnata dai nazionalismi e dall'idea di Stato-nazione.
Fino a pochi mesi fa, infatti, era uso consueto della classe politica (anche quella della destra moderata) di identificare l'Italia come un "Paese" o uno "Stato". Oggi questi termini sembrano quasi dimenticati o quanto meno superati dal nuovo vocabolario della Destra.
Si ricorre sempre più spesso al termine "Nazione" per indicare geograficamente e politicamente l'Italia, ignorando che questa parola, erede di una cultura che ha portato alle tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale, implica nel suo significato più autentico la presenza entro un territorio di persone che hanno in comune lingua, cultura, religione, tradizioni e costumi.
Lo spirito originario di questo concetto, che nell'accezione moderna risale allo spirito della Rivoluzione francese, ha assunto nel corso del tempo un significato maggiormente legato all'idea di forza e sovranità di un popolo appartenente ad una unica cultura, religione e tradizione, rispetto ad altri popoli.
Questa immagine di Nazione, che si traduce quindi in nazionalismo o sovranismo, è quella in cui oggi si riconosce la Destra. E' evidente che questo termine, oscuro e pericoloso, foriero di tragedie ancora attuali, non dovrebbe far parte del vocabolario degli autonomisti né di chi ha a cuore la stessa democrazia e convivenza pacifica.
L'Italia non è una nazione, ma è uno Stato pluriculturale, in cui convivono lingue e religioni diverse e in cui quotidianamente si incontrano e confluiscono popoli di diversa provenienza. La stessa Autonomia speciale riconosciuta al Trentino / Sudtirolo è la risultante di un delicato processo di riconoscimento di una specificità che non può essere attribuita a una nazione, ma ad uno Stato democratico articolato nelle sue rappresentanze territoriali, sociali, culturali e religiose.
Lasciamo quindi ai cultori della Nazione la responsabilità di riportare le lancette dell'orologio indietro di un secolo. Come autonomisti e democratici meglio ricorrere a termini più inclusivi e rispettosi delle specificità dei territori.